Malattie e bambini: come si può aiutare un bambino che arriva in terapia dopo una diagnosi di malattia?
Quando arriva una diagnosi di malattia per un bambino può essere particolarmente difficile, sia dal punto di vista emotivo che di gestione dei cambiamenti che lo aspettano nella sua vita quotidiana.
Il mio incontro con Giacomo
Giacomo arriva da me all’età di 9 anni. Da pochi mesi la sua vita è cambiata: ha avuto i suoi primi attacchi epilettici e i genitori appaiono preoccupati per il suo cambiamento. Si preoccupa eccessivamente per tutto, tende a tenere le cose sotto controllo ed esprime rabbia per il cambiamento nella sua vita.
Non accetta la diagnosi, fa fatica a prendere la terapia e a portare con sé quello che potrebbe servirgli se avesse un nuovo attacco quando è a scuola ad esempio.
Emerge da subito la necessità di un lavoro che lo aiuti ad elaborare gli episodi traumatici che ci sono stati, la paura e la rabbia per la diagnosi ricevuta e, a gestire i cambiamento nel suo quotidiano.
Perché per un bambino di 9 anni è difficile fare da solo tutto questo. Malattie e bambini, due parole vicine che suscitano intense reazioni emotive in ciascuno di noi.
La seduta con la Fantasia della Barca nella Tempesta
Con Giacomo facciamo diverse sedute che lasciano spazio all’espressione delle sue paure e della sua rabbia.
Oggi con voi vorrei soffermarmi sul racconto della seduta in cui facciamo la fantasia della barca nella tempesta. Questa è stata di grande importanza per il processo terapeutico di accettazione della diagnosi.
Ad occhi chiusi, sia io che Giacomo, facciamo la fantasia, seguita poi dal disegno di Giacomo della barca nella tempesta.
Giacomo, descrivendo il disegno, dice:
“La nave è di pirati che volevano rubare oro da un’altra nave che ha a bordo uno scienziato che può creare le tempeste.
Tra i pirati c’è un doppio giochista che è l’unico che si salverà sicuramente.
Gli altri muoiono: uno resta attaccatto all’oro che non vuol lasciare e uno è disperso.
La nave affonda in pezzi, colpita dai lampi”
Rielaborando insieme il disegno, Giacomo si identifica nel pirata doppiogiochista e ad un certo punto dice: “E’ come me, anche io devo fare il doppio gioco con la mia epilessia, così potrò salvarmi…”
Dopo qualche tempo Giacomo comincia ad arrivare in seduta da me con uno zainetto che contiene le sue medicine.
Adesso lo porta scuola e quando va a calcio. Ha meno bisogno della presenza dei genitori che, quando ci sono gli allenamenti, possono allontanarsi come un tempo.
Riflessioni finali
Quando un bambino riceve una diagnosi di malattia fisica la sua vita generalmente viene stravolta mentre chi si cura di lui appare spaventato e disorientato.
E’ importante sostenere il bambino e anche i genitori al fine di aiutarlo ad accettare le reazioni emotive alla diagnosi e gestire i cambiamenti nella vita che questa comporta.